domenica 27 maggio 2012

Pentecoste (Veni Creator Spiritus)

Per la Pentecoste, così some per la Pasqua, ho chiesto ad un grande amico di aiutarci: Daniele Lauretta, anch'Egli studente di Teologia presso lo Studio Teologico "San Paolo" di Catania. Vista al sua grande e felice esperienza come direttore del coro "Verbum Domini" di Ispica, gli ho chiesto, per noi, di fare l'esegesi del...
Veni, creátor Spíritus,
mentes tuórum vísita,
imple supérna grátia,
quæ tu creásti péctora.

Qui díceris Paráclitus,
altíssimi donum Dei,
fons vivus, ignis, cáritas,
et spiritális únctio.

Tu septifórmis múnere,
dígitus patérnæ déxteræ,
tu rite promíssum Patris,
sermóne ditans gúttura.

Accénde lumen sénsibus,
infúnde amórem córdibus,
infírma nostri córporis
virtúte firmans pérpeti.

Hostem repéllas lóngius
pacémque dones prótinus;
ductóre sic te prǽvio
vitémus omne nóxium.

Per Te sciámus da Patrem
noscámus atque Fílium,
teque utriúsque Spíritum
credámus omni témpore.

Amen.
Vieni, o Spirito creatore,
visita le nostre menti,
riempi della tua grazia
i cuori che hai creato.

O dolce consolatore,
dono del Padre altissimo,
acqua viva, fuoco, amore,
santo crisma dell'anima.

Dito della mano di Dio,
promesso dal Salvatore,
irradia i tuoi sette doni,
suscita in noi la parola.

Sii luce all'intelletto,
fiamma ardente nel cuore;
sana le nostre ferite
col balsamo del tuo amore.

Difendici dal nemico,
reca in dono la pace,
la tua guida invincibile
ci preservi dal male.

Luce d'eterna sapienza,
svelaci il grande mistero
di Dio Padre e del Figlio
uniti in un solo Amore.

Amen
...Veni Creator Spiritus, un inno liturgico dedicato allo Spirito Santo. La sua origine è attribuita a Rabano Mauro, arcivescovo di Magonza, del IX secolo. Come molti inni liturgici anche il Veni Creator Spiritus veniva cantato nelle sinassi liturgiche; la versione più conosciuta è quella gregoriana. Viene regolarmente cantato nell'ufficio delle Lodi e dei Vespri della festa di Pentecoste ma  può essere cantato in particolari avvenimenti solenni per invocare lo Spirito Santo, quali in occasione del conferimento del sacramento della confermazione, durante l'elezione del nuovo Pontefice, per la consacrazione dei vescovi e ovviamente per invocare lo Spirito Santo prima di una lectio divina. 

L'inno pneumatologico, come dice lo stesso testo, apre la mente e riempie il cuore di gioia; mente e cuore dominati oggi dal materialismo della post-modernità, plagiati e confusi da un informazione mediatica sganciata dall'etica professionale e da modelli di riferimenti alquanto discutibili... Il Signore Dio parla al nostro cuore e illumina la nostra mente attraverso il dono ineffabile dello Spirito Santo. Le immagini che accompagano questo dono “del Dio altissimo” sono l'acqua viva,  il fuoco, l'amore, il balsamo dell'anima. 
L'acqua è una realtà che penetra, feconda, purifica. In molti passi del Vangelo Gesù parla di un’acqua viva che zampilla e disseta in eterno: è lo Spirito Santo che rende vivi e chiarifica tutto quanto è torbido. Lo Spirito Santo scorre in noi come una sorgente che non si dissecca mai, come una fonte inesauribile di vita. 
Il fuoco brucia, purifica, trasforma. Lo Spirito Santo illumina le menti, illumina il nostro cammino, la realtà che ci circonda e ci fa vedere la bellezza delle cose, della creazione. Lo Spirito brucia, arde dentro di noi e bruciando, spazza via tutto ciò che è secco e ci purifica; questo dolce ardore ci riscalda e alimenta la fiamma dell'amore. É  la relazione di Amore per eccellenza tra il Padre e il Figlio, un fuoco di amore che li unisce in un dialogo incessante, un fuoco di amore del quale siamo partecipi per mezzo di Gesù Cristo, Dio fatto uomo. 
Lo Spirito Santo è il Consolatore, il Paraclito, Colui che abita nel nostro cuore, è al nostro fianco, ci accompagna, «combatte» per noi, prende le nostre difese e ci consola. 
É il balsamo dell'anima, un balsamo profumato che dona vigore all'anima e la conserva nel suo candore. 
L'inno continua e definisce lo Spirito Santo, settiforme per la moltepicità e la ricchezza dei doni che da esso scaturiscono: nella preghiera epicletica del sacramento della Confermazione viene chiesto per i cresimandi il dono settiforme dello Spirito, secondo l'elenco riportato nel libro del profeta Isaia (11,2): "spirito di sapienza e di intelletto, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di scienza e di pietà, e spirito del tuo santo timore”. 
Lo Spirito invocato è il dito della destra di Dio, il dito che ha creato l'universo, che compie prodigi; è quel dono promesso da Dio nella storia della salvezza. L'inno continua con le suppliche e le invocazioni ma termina proprio con la “richiesta” più importante: quella di poter contemplare la presenza di Dio, Uno e Trino nella nostra vita; lo Spirito Santo ci permette di riconoscere il Padre e scoprire il Figlio, ci permette di intravedere il Mistero Trinitario. Attraverso lo Spirito Santo, veniamo raggiunti dalla Grazia divina, quella condiscendenza d'amore che prende le mosse dall' inabitazione della Trinità e raggiunge l'uomo.
Dal punto di vista prettamente musicale occorre fare riferimento proprio al canto gregoriano, alla sua storia e alle sue caratteristiche liturgico-musicali. Il canto gregoriano è un genere musicale vocale, monodico e liturgico, elaborato in Occidente intorno al VII secolo e cantato ancora oggi. É riconosciuto dalla Chiesa cattolica come “canto proprio della liturgia romana”. Analizzando brevemente la partitura del “Veni Creator” è possibile cogliere il sistema melodico proprio del gregoriano: Si tratta appunto di un canto vocale e monodico (a una sola voce): in assenza di accompagnamento strumentale la purezza della melodia monodica guida lo spirito al silenzio e alla contemplazione del mistero divino. La musica gregoriana è una musica modale scritta in scale di suoni molto particolari che servono per suscitare una varietà di sentimenti, come raccoglimento, allegria, tristezza, serenità; è basata su scale dette appunto "modali" che rendono il canto più arcaico e solenne. E anche diatonica, in quanto basata su una scala musicale formata da sette, delle dodici note che compongono l'intera scala cromatica. La melodia dell'inno è semplice e sillabica o nel caso di molti inni è melismatica (quando ad una sillaba corrispondono vari suoni). Ma non bisogna assolutamente pensare che il canto gregoriano non sia ritmico; al contrario, esso possiede una ritmica che a differenza di quella moderna non è cadenzata ma segue e rispetta l'andamento del testo o si lascia trasportare dall'enfasi prodotta dalla melodia stessa. Nel Veni Creator gregoriano troviamo la presenza di numerosi vocalizzi che non dobbiamo però confondere con l'atteggiamento virtuosistico che appartiene all'età romantica. I vocalizzi gregoriani fanno si che i versi del canto siano partecipati, slanciati all'inizio e riposati al respiro; le parole che vengono cantate devono penetrare nell'animo, devono risuonare nel cuore e nella mente. C'è tutta una modalità particolare per cantare il gregoriano: le vocali chiuse, le note sostenute nelle chiusure. Ma ciò che più conta è proprio l'atteggiamento del cantore durante l'esecuzione: un atteggiamento interiore, spirituale, ma anche uno esteriore; il linguaggio corporale riflette l'atteggiamento interiore. L'omogeneità del suono è fondamentale: il cantare all'unisono, un ascoltarsi costante di sè con gli altri, un modo di cantare concentrato ma soprattutto moderato. Il Veni Creator, cantato nel rispetto della tradizione gregoriana e dei metodi di canto sopracitati, diventa davvero preghiera; lo Spirito Santo viene invocato dalla Chiesa che canta all'unisono e manifesta la sua realtà di comunione; lo Spirito che ci fa “UNO” raggiunge l'uomo che lo invoca e il canto diventa apertura e accoglienza del dono della Grazia.

venerdì 4 maggio 2012

Io sono la vite (Gv 15, 1-8)


Il Contesto
Ci troviamo nel cuore del tempo pasquale, esattamente a metà del nostro cammino verso la Pentecoste in compagnia del Risorto. La discesa dello Spirito Santo è il compimento pieno della Pasqua, infatti, dopo essere stati salvati da Cristo ed aver ricevuto lo Spirito Santo siamo inseriti a pieno titolo nella relazione col Padre.

                                                                 L’evento
Oggi Gesù si racconta ai suoi, dice qualcosa di sé stesso definendosi come vera Vite. Quello della vite è un racconto molto antico ed è narrato numerose volte nell’antico Testamento,  i protagonisti solitamente sono sempre gli stessi: la vigna (il popolo), il vignaiolo (Dio) e i frutti che a volte tardano a  venire.
Ma questa volta le cose cambiano un po’!
Non si parla più di vigna ma di vite (Cristo).
Non si parla ancora dei frutti ma di tralci (discepoli).
Solo il vignaiolo è sempre lo stesso: il Padre.

            L’opera d’arte
Gesù vera vite, Icona russa
Cristo è la Vite curata dal Padre, in cui scorre la linfa dello Spirito, e questa può essere trasmessa ai tralci solo se essi rimangono attaccati alla Vite. Per portare frutto è necessario l’essere in relazione con Cristo, altrimenti si diventa sterili come un ramo secco! Che grande lezione ci dona il nostro maestro:
Io sono la vite, voi i tralci. 
Chi rimane in me porta molto frutto.

Ecco il significato di questa bellissima icona, che ho trovato su internet navigando qua e la, e anzi chiedo scusa all’autore/autrice di origine russa, di cui non sono riuscito a scoprire il nome. Non sono necessari commenti straordinari, le parole di Gesù sono così immediate e concrete:
Io sono la vite, voi i tralci. 
Chi rimane in me porta molto frutto.
La nostra immaginazione ci fa gustare la ricchezza di questa immagine, e nel momento in cui i nostri occhi si posano sull’immagine, essa diventa semplicemente l’espressione grafica di ciò che la Parola ha avuto la forza di evocare prima di tutto nel nostro cuore.
Ma che cosa vuol dire rimanere in Cristo?  
La risposta sembra facile, rimanere in Cristo vuol dire ascoltare e mettere in pratica la sua Parola.
Ascolto e azione, come due canali: uno da cui attingere la natura di Dio e uno in cui riversarla. Io non saprei dirvi come rimanere innestati a Cristo, però so di certo che dove è Carità e Amore, lì c’è Dio! La capacità di far germogliare gemme d’Amore è il segno inconfondibile che la linfa dell’amore divino scorre in noi!
La funzione dell’Amore nel corpo di Cristo è identica a quella della linfa nella pianta, essa infatti è essenziale, poiché distribuisce gli elementi vitali alle varie ramificazioni.
Come si fa a restare attaccati alla vera Vite?
Niente e nessuno ci potranno mai separare dall’amore di Dio (S. Paolo) e su questo non ci piove, eppure a volte ci sentiamo aridi, incapaci di slanci spirituali, in questi momenti è lecito pensare a due cose:
Dio ci sta mettendo alla prova!
Ma la potatura di Dio, nonostante sia dolorosa e a volte ci sorprende con avvenimenti inspiegabili e drammatici, è finalizzata sempre e solo al bene. Dio non è un imprenditore che pota solo per avere più frutti, ma è il Vignaiolo che ama e cura la Sua vigna, per questo taglia tutto ciò che è superfluo. L’esempio del taglio è calzante: la potatura estiva della vigna serve infatti ad eliminare quei tralci che pur essendo attaccati alla vigna non producono frutto, ma anzi sottraggono sostanze nutritive alla pianta.
Infine, l’altra cosa che possiamo pensare è che la nostra aridità derivi da qualche altra causa, una specie di malattia!
Un esempio di malattia dell’anima molto diffusa è lo s-coramento, ossia la caduta del nostro animo nelle bassezze del senso di colpa, nella perdita di fiducia in noi stessi, nella convinzione che Dio non potrà mai amarmi così come sono… Questa si che è una malattia! Questa non è una potatura ma un vero e proprio cancro! Lo sapete in cosa consiste la malattia, nel pensare che la Vite sia più piccola del tralcio, che il ramo più piccolo dell’Albero? Amici miei, Dio ci ma come una madre i suoi bambini e anche se il vostro cuore continuasse a rimproverarvi qualcosa non temete, Dio è più grande del vostro cuore!