venerdì 27 aprile 2012

Io sono il buon Pastore (Gv 10, 11-18)


            Il Contesto
Oramai non vi sono più dubbi: Le donne lo hanno visto, i discepoli hanno mangiato con lui, Tommaso lo ha toccato… Si! Il Signore Gesù è vivo!
La liturgia da questa domenica in poi non si preoccupa più di provare la verità del Risorto o di narrarne le apparizioni, ma le pagine del Vangelo domenicale ci presenteranno, fino all’Ascensione, delle immagini (il buon pastore, la vite vera, …) che hanno il compito di raccontare il grande mistero del Risorto e della sua Chiesa.

                                                                 L’evento
Gesù si presenta, nel brano precedente, come porta dell’ovile e poi, nel brano che ascolteremo oggi, come buon pastore, come colui che si prende cura e offre la propria vita per le proprie pecorelle. Il nostro ricordo si volge spontaneamente alla parabola della pecorella smarrita, ove Gesù è presentato come quel pastore premuroso verso ognuna delle sue pecore, che è disposto a rincorrerle ovunque! Però oggi il vangelo ci presenta un’immagine ancora più forte, Gesù non è soltanto un pastore premuroso, ma è il buon pastore! Dobbiamo sapere che per buono non si intende solo  onesto e retto ma molto di più, infatti questa parola traduce il greco kalòs, che significa: vero, bello, giusto, buono…  Gesù è presentato come il pastore esemplare, colui che è disposto a deporre la propria vita, la cosa più preziosa, per salvare il suo gregge, tutto il suo gregge (vicini e lontani).

            L’opera d’arte
M.I. Rupnik, Discesa agli inferi
Il brano del Vangelo di oggi, ci parla di due figure: il buon pastore e il mercenario. Queste figure così lontane tra di loro mi hanno portato a scegliere, per commentare questo brano, due immagini, due mosaici di M.I. Rupnik che raffigurano entrambi la Discesa agli inferi.
In una prima immagine, veramente eloquente, Gesù è raffigurato come il pastore che scende nelle tenebre della morte, per andare a recuperare il primo uomo. Il Risorto depone la sua vita e si carica sulle spalle la prima pecorella smarrita, colui che ha tristemente inaugurato il guinzaglio del peccato, Adamo e a lui  ridà la bellezza perduta, come è suggerito dal mosaico attraverso la presentazione in simmetria dei volti di Cristo e Adamo. Il primo uomo del peccato e il primo uomo della grazia si guardano e si scorgono somiglianti: uno è il pastore che aveva portato l’umanità fuori dall’Eden l’altro è il Pastore che la riconduce in Paradiso, uno è la pecorella smarrita l’altro è l’Agnello che ha redento tutto il gregge.
Però, come vi dicevo prima, il brano evangelico di oggi oltre al lato misericordioso e premuroso, mette in risalto anche un’altra caratteristica del Cristo-Pastore, ossia il suo essere  vero Pastore e non mercenario! Il mercenario, infatti, non è legato affettivamente alle pecore che custodisce, e se i conti non tornavano in alcuni casi era anche autorizzato ad abbandonare il gregge (per esempio al sopraggiungere di un animale pericoloso), d’altronde chi sarebbe stato disposto a lottare per un gregge non suo?
M.I. Rupnik, Discesa agli inferi
Morte e vita si sono affrontate in un prodigioso duello, l’autore della vita era morto ma ora è vivo e trionfa! E la seconda immagine narra appunto di questa battaglia, Cristo ha lottato contro la morte e contro l’inferno e, come fa vedere benissimo questo mosaico, li ha lasciati a bocca aperta!
Vedendo l’immagine contempliamo la vittoria di Gesù, Egli con la sua croce tiene aperta la bocca degli inferi, e ci libera dalla morsa della morte. Eravamo già come prede tra le fauci delle tenebre ma Cristo ci ha liberati e ci ha chiamati con sé!
Spiegare tutta la ricchezza di questa pagina evangelica è molto complesso, lascio dunque ai colori, alle tessere e alle linee di M.I. Rupnik, le parole rischiano di suonare mute al nostro intelletto, lasciamo invece che si lasci conquistare dall’eloquenza delle immagini che tratteggiano il mistero della Pasqua di Cristo e anche della nostra.

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