Solo per te si isolano i poeti
e
ammassano immagini ricche e fruscianti
e
vanno per il mondo maturando nel confronto
e
sono sempre tanto soli…
E
i pittori dipingono quadri
solo
perché ti sia ridata eterna
la
natura che creasti fugace:
tutto
si fa immortale. Vedi?
(R.M. Rilke, da Il libro d’ore, 1903)
Con questa poesia del grandissimo poeta austriaco,
vogliamo inaugurare una serie di riflessioni per il momento centrale del
mistero cristiano e vogliamo farlo utilizzando proprio questo canale molto
particolare. La poesia, infatti, arte “povera” per eccellenza, ma ricca di
quella spiritualità che si sprigiona dalle stesse parole, ha la capacità di
cogliere significati alti e “altri” rispetto allo scorrere muto della quotidianità,
anche perché, arte tra le arti, riesce ad esprimere tratti dell’anima umana che
tanti discorsi razionali non riescono a cogliere o ad esaurire totalmente. E un
poeta come Rilke ci fa subito presagire un’aria quaresimale, quando sin dai
primi versi comunica la ricerca del poeta nella volontaria solitudine:
solo per te si
isolano i poeti
Ma per chi si isolano i poeti? Certamente per Dio, per
quella verità che presagiscono fondare ogni pensiero, gesto, sentimento,
scelta. Questo lo si ricava però dal contesto dell’intera opera poetica, che
qui non possiamo analizzare. Ecco che scopriamo la solitudine essere in realtà
densa di relazione, una relazione addirittura che dalla dimensione verticale,
con Dio, trapassa a quella orizzontale:
vanno per il
mondo maturando nel confronto
Questo vuol dire allora che nella solitudine intensamente
vissuta l’uomo in realtà ritrova un Altro con cui si relaziona, ma anche degli
altri, attraverso i quali può maturare in un confronto non sempre pacifico, ma
pur sempre costruttivo.
E sono sempre
tanto soli…
Eppure, nonostante questa impressione di comunione, ci si
ritrova soli, sembra dirci il poeta, parlando dei suoi simili. Ma siano poi
così diversi dai poeti, quando ci mettiamo in ricerca della verità o di un
senso da dare alla vita? Non siamo tuttora di passaggio tra le strade deserte
di questo mondo che pur illuminano di folla i nostri occhi ansimanti e le
nostre mani in attesa?
Continua l’artista a scavare fino a scorgere un’azione
tipica del suo fare, forse oggi un po’ insolita da concepire: eternare la
natura, trasfigurare il mondo. Come può un semplice uomo arrivare a tanto, se
non perché un Autore ancor più grande lo fa partecipe di Sé e del suo amore
creativo? Possiamo trovare in ciò una grande gioia, saperci capaci di
restituire al Creatore ciò che Egli stesso ha creato mortale e restituirglielo
immortale. Ma giustamente, occorre avere uno sguardo particolarmente affinato
ed il poeta lo esprime chiedendo:
Vedi?
Ed allora, al termine di questo cammino quaresimale, non
ci resta che accogliere questo invito, farlo nostro, per cercare di fissare lo
sguardo su quelle realtà immutabili che reggono e portano al loro fine le cose
che nell’universo nascono, mutano e muoiono continuamente.
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